Chris the Guide e Isidora su Whatevr Fanzine nr.3


La Sessulaità nell'arte Cristiana, whatevr fanzine Nr.3, Maggio 2017



Roma è amor, Roma è arte e l’arte è indubbiamente amore, amore per il bello, bighellonare per le vie del centro vuol dire letteralmente essere accerchiati dal bello. Strade, piazze, chiese, musei, sole, colori. Il concetto di bello, teorizzato dalla filosofia estetica nel 700, è un pilastro dell’arte classica greco-romana e spesso si manifesta in maniera sensuale ed erotica, basta pensare alle varie nudità femminili e maschili che si incontrano nei vari musei della città, persino nel cuore sacro della città: il Vaticano.

su Whatevr nr.3, in francese ed inglese

La letteratura greca e romana è costellata di inni all’amore, alla sessualità, all’erotismo, tanto eterosessuale quanto omosessuale.
In Grecia la nudità maschile era associata alla gloria, trionfo ed eccellenza morale, il corpo perfetto senza errori, canone di bellezza, riusciva a dare una forma alle divinità stesse. E’ così anche a Roma, gli imperatori, riprendendo questa tradizione, si facevan ritrarre il volto associandolo alle famose opere ignude dei maestri greci.
La nostra cultura occidentale è abituata a tale immagine, ne è pregna, in epoca neoclassica lo stesso Napoleone si fece ritrarre eroicamente nudo da Antonio Canova come Marte Pacificatore. È un nudo virtuoso e non trasmette vulnerabilità o imbarazzo, al contrario, trasmette forza e potere. 

A. Canova, Napoleone come Marte Pacificatore

Per la nudità femminile, il messaggio è chiaramente diverso, grandi seni ed un ventre curvo suggeriscono fertilità, procreazione ed abbondanza a cui dal IV sec con Prassitele e la sua Venere Cnidia si aggiunge anche seduzione aprendo la strada alle innumerevoli ninfe e veneri sexy dell’arte antica, di cui i musei romani abbondano. Ancora una volta nulla di nuovo per il lettore, se si pensa alla celebre Venere di Milo del Louvre o alla Callipigia, ovvero dal bel c*lo, di Napoli (Google it, una vera playmate).

Venere Callipigia, Museo Archeologico, Napoli

Anche il Rinascimento adotta la raffigurazione del canone “senza veli” greco, sia maschile che femminile. Michelangelo scolpisce David nudissimo a Firenze, raffigura Adamo ignudo in Cappella Sistina (“the spark”, si quello, le due dita che si toccano, lo conoscete si), Raffaello rappresenta la sua donna, sua moglie, a seni scoperti in un ritratto bellissimo e sensuale conosciuto come “La Fornarina”, insomma tette, sederi e genitali in abbondanza. Diviene normale possedere e mostrare opere con nudità sensuali che si rifanno a celebri racconti biblici, mitologici o letterari, una pseudo pornografia ante-litteram socialmente accettata.

Raffaello, la Fornarina, Pal. Barberini, Roma

Così se si rappresenta Betsabea, poi moglie di Re Davide che si fa il bagno nuda e piena di curve assieme alle ancelle maggiorate, è una storia biblica quindi, come da protocollo, esponibile nelle sale dei palazzi nobiliari; allo stesso modo è accettabile anzi culturalmente high-class mostrare in quelle stesse stanze i nudi corpi degli dei Greci in amore, Venere ed Adone o Zeus e Giunone etc etc…

J. Zucchi, il Bagno di Betsabea, Pal. Barberini, Roma

Ma, come giustamente starà pensando il lettore, “la religione è un'altra cosa”, un conto è un quadro da camera, ben altro sono le opere d’arte sacra. Eppure passeggiando per musei e chiese, cappelle ed altari, appaiono talvolta davanti ai nostri occhi distratti, quasi senza accorgercene, forse perché inaspettati, nudi sensuali, “scandalose” membra scoperte, volti orgasmici, capita di tornare indietro pensando “ehi aspetta ma che ho visto?”.
Carni nude di santi ed estasi corporali, i seni di Maria che allattano il santo bebè e curiosamente spesso anche il “cosetto” di Gesù Bambino, lì davanti a noi chiaro ed evidente, all’aria (tra le più celebri: Madonna Con Bambino di Antoniazzo Romano, 1487, Palazzo Barberini, Roma). Maria lo indica, talvolta lo sfiora. Ma come, l’arte cristiana, la chiesa cattolica romana? Ma il nudo non è peccato, vergogna? Erotismo e sessualità nelle chiese, com’è possibile?

D. Beccafumi, Madonna con Bambino, Pal. Barberini, Roma

Come spesso accade ciò che può apparire strano a noi fu assolutamente normale nel passato. Se l’arte in generale rappresenta sempre la cultura, il pensiero e la società del tempo che l’ha prodotta, l’arte religiosa lo fa in particolar modo, essa non è mai solo decorazione ma possiede sempre intrinsecamente un valore liturgico e teologico, ed è per questo che la sessualità nell’arte cristiana ha necessariamente un valore religioso. Queste opere non possono essere qui per caso.
Il senso, seppure quasi caduto nell’oblio per secoli, esiste e si lega alla parte più intima del sentimento cristiano.
Quanto sei incantevole mio amato, quanto sei affascinante, il nostro letto è lussureggiante…La tua sinistra è sotto il mio capo, la tua destra mi abbraccia (1,15-16; 2,6). Le curve dei tuoi fianchi sono come monili usciti da mano d’artista, il tuo bacino una coppa rotonda mai priva di vino aromatico. (7,2-3)
Sono passi del Cantico dei Cantici, attribuito a Salomone, Antico Testamento.
Il Cantico nel corpo non vede solo la sessualità né una vaga metafora celeste ma nel corpo intuisce il simbolo che unisce la storia all’eterno, carne e spirito, eros e amore, pelle e sentimento, uomo e Dio (…). La bellezza dell’uomo è totale, circolare, ignora la distinzione tra corpo e spirito, la proclamazione della resurrezione di Cristo è la celebrazione di un’armonia integrale… Cito Gianfranco Ravasi, Cardinale di San Giorgio in Velabro, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, insigne biblista e uomo di grande cultura (Ki Tob: “Dio vide che era Bello, Biblia, 1992).
Bellezza, estetica e amore, molto semplicemente l’uomo è bellezza perché creato ad immagine di Dio che per amore si è fatto uomo in Gesù. Dunque l’amore e l’uomo.

J. del Conte, Deposizione, Pal Barberini, Roma

Si può essere cristiani-cattolici o meno, ma certamente ciò che rende unico questo credo religioso è la doppia natura di Gesù, o meglio l’unione di due nature, divina ed umana, compiutasi in modo perfetto nel seno di Maria (concilio di Efeso, 431 d.C.). Non è stato facile accettare che Gesù potesse essere allo stesso tempo divino ed umano, in egual natura, questo è uno dei grandi e più dibattuti misteri del Cristianesimo.
Alle soglie del Rinascimento la natura divina di Gesù era generalmente accettata in Europa, egli è rappresentato nei mosaici e sulle pale d’altare trionfante sul trono o vivo e divinissimo sulla croce, senza sofferenza alcuna. Ciò che invece risultava più difficile per la cultura europea del tempo fu accettarne la natura umana, il fatto che fosse realmente morto da uomo sulla croce, che avesse realmente sofferto. Ecco quindi che nel nudo di Gesù non può esserci vergogna poiché la sua è una condizione umana perfetta, senza peccato. Il suo organo sessuale non trasmette più virilità ma umanità. Allo stesso modo l’essere allattato dalla propria madre indica la necessità umana di nutrirsi, di placare la fame.

D. Calvaert, Sposalizio mistico di Santa Caterina, Pal. Barberini, Roma

Scrive Leo Steinberg, lo storico moderno che per primo ha voluto affrontare questi temi: “la mia risposta provvisoria è che una tale raffigurazione che ostenta i genitali di Cristo si impernia in un gesto ossessivo, una prova palpabile, testimonianza manifesta del concetto che il Credo considera centrale: la discesa di Dio nell’umanità” (La sessualità di Cristo nell’arte rinascimentale e il suo oblio nell’epoca moderna, il Saggiatore, 1986)
Per questo cominciano a moltiplicarsi dipinti e sculture che rappresentano Maria col Bambino nudo, Maria che allatta il figlio, la Deposizione e la Pietà - ovvero il cadavere di Gesù - o la Circoncisione.
L’importanza della carne e la sensualità si trovano poi anche in sublimi opere barocche, come nelle Estasi di Maria Maddalena, dove la bella santa oppressa dal peccato ed in contemplazione estatica appare spesso molto suadente, sensuale ed erotica oppure nelle celebri statue di Bernini come la Santa Teresa o la Beata Ludovica Albertoni, tuttora conservate in due chiese romane, in cui le sante sono teatralmente ritratte in Estasi Mistica. 

G.L. Bernini, Beata Ludovica Albertoni, S. Francesco a Ripa, Roma

Le membra, le labbra e le vesti trasmettono una passione carnale, tra misticismo sacro ed orgasmica indecenza, che ha dell’incredibile. Un cinico francese, Renan, in viaggio a Roma, osservando la Santa Teresa commentò: «Si c'est cela l'extase mystique, je connais bien des femmes qui l'ont éprouvée». Però! aveva capito tutto, o forse nulla…
L’erotismo è certamente presente ma è religioso, spirituale, vuole mostrare l’amore divino, enormemente più potente di quello umano, che esplode nel corpo quasi drogato da una incontrollabile euforia mistica.
L’arte ebbe il compito di dichiarare solennemente questi moti religiosi.
Carne e genitali, nudo e sangue dovevano rappresentare l’umanità di Gesù, l’immagine di Cristo-Uomo.
L’esibita sensualità femminile delle mistiche a sua volta voleva evidenziare, attraverso l’esaltazione della passione fisica, ciò che accadeva nel loro intimo, nell’anima.
Attraverso il potere delle immagini si dichiarava l’amore e l’umanità, o meglio l’amore di Dio per l’uomo.
Se la sessualità nella arte religiosa non fu tabù, ciò doveva avere un senso. Ecco il senso.

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